Il viraggio HDR

Il concetto alla base dell’ HDR, ossia High Dynamic Range (traducibile in italiano come “gamma dinamica elevata”) è in realtà abbastanza semplice: ottenere un file digitale che presenti un intervallo di valori distinti di luminosità maggiore rispetto ad uno scatto tradizionale.
Per comprendere l’utilità di questa tecnica si pensi ad una fotografia realizzata in una situazione di elevata luminosità, ad esempio un controluce. In queste condizioni di scatto è probabile ottenere porzioni dell’immagine sovraesposte (ossia aree troppo chiare rispetto alla realtà, tendenti al bianco) o sottoesposte (ossia al contrario aree troppo scure, tendenti al nero). Per quanto le fotocamere digitali siano sempre più evolute e sofisticate infatti, esse non raggiungono (ancora) la stessa sensibilità alla luce dell’occhio umano.
A differenza dell’occhio umano, che possiede una gamma dinamica molto ampia, i sensori delle fotocamere digitali non sono in grado di distinguere, e quindi di registrare, livelli di luminosità così distanti tra loro. Quindi, tutto ciò che risulterà eccessivamente luminoso per il sensore verrà registrato come bianco, mentre le aree estremamente buie verranno interpretate come nero.

Ed ecco che ci viene in aiuto la tecnica HDR: realizzare una serie di scatti della stessa inquadratura ad esposizioni diverse (multiesposizione) per poi fondere il tutto in un’unica immagine ad elevata gamma dinamica. Oltre il primo scatto ad esposizione misurata perciò avremo anche scatti della medesima inquadratura volutamente sovraesposti e sottoesposti, in modo da catturare le altre luci/ombre che eccedono l’intervallo del sensore della fotocamera. In fase di post-produzione, è possibile combinare, mediante l’ausilio di speciali software, i vari scatti per creare una singola immagine che mostri l’intera gamma di luminosità.

Oltre a combinare le esposizioni per creare il file HDR a 32 bit (non visualizzabile correttamente dato che la maggior parte dei monitor non è dotato di una gamma dinamica così ampia), i software HDR applicano anche una mappatura dei toni localizzata. Ciò garantisce che la luminosità sia sempre impostata in base ad aree specifiche dell’immagine e non globalmente. Sarà quindi possibile esaltare le ombre senza correre il rischio di sovraesporre tutte le alte luci. L’immagine mappata può essere salvata come file a 16 o 8 bit, ma visualizzabile e stampabile con l’aspetto di una vera immagine HDR a 32 bit. Il “look HDR” viene creato grazie agli algoritmi di mappatura dei toni del software utilizzato: di conseguenza sarà possibile regolarne la forza per determinare quanto realistica (o surreale) apparirà l’immagine finale.

post-elaborazione

(Le immagini inserite in questo articolo sono a puro titolo di esempio e non sono state realizzate da noi ma trovate in rete)